Il corpo è lo strumento con cui l’individuo comunica la sua esistenza, è la casa dell’anima, ma non è sempre vissuto come tale e può assumere le forme di una gabbia, un qualcosa da cui estraniarsi.
Il corpo è il primo mezzo di espressione della propria sofferenza, e il disturbo alimentare rappresenta la voce dell’angoscia vissuta, laddove non abbiamo le parole per esprimerla.
Il controllo sul rapporto con il cibo che inizialmente viene vissuto come fonte di consolazione e autostima diventa presto una condanna da cui è difficile sottrarsi.
Tra le difficoltà del nostro tempo, nel riconoscere ed individuare , in un’ottica preventiva, i rischi per lo sviluppo di un disturbo alimentare, vi sono delle false credenze che si sono fatte strada nell’immaginario collettivo da scardinare:
“E’ una mancanza di attenzioni/ questione di vanità” → Non ha a che vedere con la bellezza, è un disturbo e non deve essere giudicato.
“È solo una questione di cibo”→ “Cosa rappresenta quel cibo?”
“È solo una questione di peso”→ “Pensieri intrusive, ossessioni, dispercezione corporea, disregolazione emotiva, senso di colpa.”
“È solo un problema femminile”→ Può colpire anche il genere maschile.
“Colpisce solo gli adolescenti” → di insorgenza sta calando;troviamo casi anche a 10/11 anni.
“Mancanza di forza di volontà”→ La guarigione non dipende dalla forza di volontà, e passare questo messaggio aumenta solo il senso di colpa di chi ha un dca.
I disturbi del comportamento alimentari:
Questi sono alcuni dei quadri che si possono osservare e per i quali sono indicati un percorso di valutazione e di percorsi di tipo psicoterapico (in alcuni casi anche di tipo farmacologico) affiancato ad un percorso con psichiatra, nutrizionista, dietologo ed endocrinologo.